Niente liberatorie, quietanze e certificazioni

Niente liberatorie, quietanze e certificazioni. L’amministratore di condominio deve solo attestare lo stato dei pagamenti e delle liti.

L’amministratore di condominio che ha nessun potere di potere di “liberare” il condòmino venditore attraverso la semplice consegna di una quietanza delle quote pagate.

Liberatoria o quietanza? Certificazione o attestazione? Quando si arriva al momento di andare dal notaio per la firma dell’atto pubblico di compravendita, si verifica immancabilmente la corsa allo studio dell’amministratore per ottenere il documento giustificativo dell’avvenuto pagamento dei debiti condominiali.
Il rituale è lo stesso, ma le pretese sono varie. Il condòmino venditore vuole star certo che a rogito avvenuto nessuno potrà più chiedergli alcunchè a titolo di spese condominiali. Il compratore, da parte sua, pretende piena sicurezza che dal momento dell’acquisto, e solo da quel momento, comincerà a corrispondere le quote, di qualsiasi tipo esse siano.

Ecco dunque la necessità di chiarire cos’è e a cosa serve il documento che l’amministratore è obbligato a rilasciare, ed ecco l’importanza di conoscere bene ciò che si può o non si può dichiarare al condòmino, nonché quanto veramente vale quello scritto e cosa, invece, può essere messo in discussione a posteriori.

L’articolo 1130 del codice civile prevede che l’Amministratore debba “fornire al condòmino che ne faccia richiesta l’attestazione relativa allo stato dei pagamenti degli oneri condominiali e delle eventuali liti in corso”, lasciando chiaramente intendere che si tratta, essenzialmente, di una semplice nota riepilogativa.

Nel tempo, l’esigenza anche psicologica di sentirsi al sicuro da richieste successive di adempimento ha generato pretese di ogni tipo, alle quali non sempre gli amministratori riescono a offrire immediata e convincente risposta, lasciando spazio anche a vere e proprie assurdità elevate al rango di norme di legge.

Dunque la prima domanda: liberatoria o quietanza? La risposta è semplicemente questa: nessuna delle due.

La liberatoria, tecnicamente, è infatti allo stesso tempo una quietanza, e consiste in una dichiarazione rilasciata dal creditore, ovvero il soggetto attivo dell’obbligazione, con la quale egli attesta di aver ricevuto dal debitore, soggetto passivo dell’obbligazione, una somma di denaro a parziale o totale adempimento di quanto dovuto.

Se è vero che il debitore pagante ha diritto di ottenere un documento nel quale vanno indicate le prestazioni eseguite, ovvero le bollette condominiali saldate, è anche vero che la richiesta all’amministratore di una “liberatoria” o “quietanza” che ponga completa fine al suo rapporto con il condominio non è assolutamente praticabile.

Non esiste, infatti, alcun amministratore che abbia il potere di “liberare” il condòmino venditore attraverso la semplice consegna di una quietanza delle quote pagate, e ciò perchè solo la deliberazione unanime dell’assemblea dei proprietari può provvedere in tal senso, ed inoltre l’atto di quietanzare una o più quote libera solo e soltanto dall’ulteriore esazione delle quote medesime.

Del resto, al momento del rilascio del fatidico e controverso documento manca sempre l’approvazione del bilancio relativo alle spese riguardanti l’anno in corso, ed è di fatto impossibile che l’amministratore possa conoscere i valori degli eventuali conguagli a debito e a credito, sui quali l’ultima parola spetta unicamente all’assemblea.

Veniamo allora all’altro interrogativo. Certificazione o Attestazione?

Nella pratica comune, i due sostantivi richiamano il medesimo concetto, e dunque, in pratica, sembra quasi che si equivalgano. A parere di chi scrive, però, nel comma nove dell’articolo 1130 del codice civile si legge la parola “attestazione” per un motivo ben specifico, che merita approfondita disamina.

Anche se i termini “certificato” e “certificazione” sono correntemente usati insieme ai sinonimi “attestato” e “attestazione”, molta letteratura giuridica ha sottolineato le pur sottili differenze, chiarendo i presupposti della precisa attribuzione della nomenclatura e della tipologia del documento.

Si ritiene che la certificazione sia una dichiarazione di scienza “derivativa”, nel senso che si riferisce a fatti o atti o qualità non direttamente percepiti o compiuti da chi la rilascia, ma risultanti da elementi obiettivi quali registri o documenti cui l’ordinamento giuridico riconosce particolare efficacia probatoria.

La normativa italiana non esplicita chiaramente la nozione di certificazione, e dunque è necessario richiamarsi al Testo Unico della documentazione amministrativa (d.p.r. 28 dic. 2000 n. 445), ove viene definito “certificato” il documento “rilasciato da un’amministrazione pubblica avente funzione di ricognizione, riproduzione e partecipazione a terzi di stati, qualità personali e fatti contenuti in albi, elenchi o registri pubblici o comunque accertati da soggetti titolari di funzioni pubbliche”.

Si parla di attestazione, invece, quando la dichiarazione di scienza è “originaria”, cioè riferita a fatti o atti direttamente percepiti o compiuti da chi la rilascia, proprio come avviene nel caso dell’amministratore di condominio, il quale ha – o dovrebbe avere – piena contezza della situazione dei pagamenti.

La formula dubitativa è d’uopo, dal momento che molto spesso gli amministratori, magari appena nominati, si trovano a dover interagire con il proprietario di turno, prossimo alla vendita dell’immobile di sua proprietà, senza poter nemmeno consultare i documenti condominiali perchè non ancora resi – o resi incompleti – dal precedente gestore dell’immobile.

E cosa dire, inoltre, sull’attestazione obbligatoria riguardante le eventuali liti in corso? Quante possibilità ha l’amministratore di conoscere per davvero la storia giudiziaria del fabbricato, nella persistenza di un vuoto normativo che rende difficilissimo, se non impossibile, avere reale contezza dei procedimenti in corso se non dopo anni di continuità amministrativa? E quanta reale collaborazione esiste, in questo campo, fra amministratori uscenti ed entranti?

Tutto ciò lascia trasparire l’assoluta necessità che gli amministratori condominiali, nell’esecuzione degli obblighi loro demandati dalla legge, utilizzino metodi asettici e oltremodo precisi. Liberare, quietanzare e certificare significa troppo spesso accontentare, abbozzare e rendersi schiavi di modi di pensare e pretese diventati consuetudine.

Con buona pace della tanto conclamata professionalità che tutti sempre richiedono e troppi mai rispettano.

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